Psicologi a Treviso © - Psicologia dell’anziano.
<<Al mio adorato nonno Sergio>>
L’aspettativa di vita, al giorno d’oggi, si è notevolmente allungata: non è poco frequente raggiungere e superare gli ottanta anni. La nostra società, tuttavia, non sembra sufficientemente attrezzata a gestire questa particolare farse del ciclo della vita.
Lo dimostra la mancanza di riti di passaggio, quei momenti, cioè, in cui ci si riunisce con il proprio gruppo di appartenenza per celebrare la transizione da uno status ad un altro. Per questa ragione non è facile identificare concretamente quando avvenga la fine della seconda età e l’inizio della terza. A noi piace affermare che: si diventa “vecchi” quando si sono perse le speranze di vita futura a quando la propria esistenza pare non avere più senso.
Accanto ad una componente soggettiva, c’è però un ineluttabile fattore biologico che caratterizza l’invecchiamento: le cellule dei tessuti smettono di rinnovarsi, l’organismo si indebolisce e aumentano perciò i rischi di malattia. Diminuisce la reattività e la capacità di apprendere cose nuove, si rafforzano, invece, le competenze già acquisite: gli anziani tendono a dare prestazioni uguali o superiori ai giovani nelle definizioni verbali e nella risoluzione dei problemi. Per questa ragione, nelle culture tradizionali, l’anziano ha sempre ricoperto il ruolo di saggio, di persona da rispettare e seguire nell’esempio.
Qualità che adesso, nel mondo di internet e delle telecomunicazioni, vengono dimenticate. La nostra società rifugge l’idea dell’invecchiamento, non le conferisce uno status, la nega, nonostante l’età media della popolazione stia progressivamente avanzando. Un problema che, invece, le famiglie avvertono con grande forza, soprattutto quando la persona anziana comincia a manifestare la sua fragilità. In queste situazioni si assiste spesso ad un’inversione di ruoli tra genitore e figlio: questi si arroga il diritto di decidere per lui, imponendo le regole dell’accudimento e la gestione del quotidiano.
Anche se mosso dalle migliori intenzioni, tale atteggiamento non risulta essere quello più idoneo. Un anziano, infatti, deve essere rispettato nella sua decisionalità, specie se ancora in grado di intendere e di volere. L’ambiente in cui vive è importante e sarebbe opportuno non modificarlo. L’anziano vive di passato, di ricordi; gli oggetti di cui si circonda hanno un’anima, una storia, alterare il suo spazio personale e le sue abitudini è vissuto come fonte di stress e incide negativamente sul suo benessere psico-fisico.
Non bisogna mai dimenticare, inoltre, che ci si sta prendendo cura di una persona adulta a cui è necessario rapportarsi con un atteggiamento rispettoso ed empatico. I vecchi non devono essere equiparati ai bambini, anche quando non sono più autosufficienti e divengono totalmente dipendenti dagli altri. Sarebbe opportuno recuperare l’atteggiamento di rispetto e considerazione che si aveva un tempo verso la senilità, ricordandoci che, anche nei casi gravi, i nostri vecchi possono ancora insegnarci qualcosa.
Gli anziani rappresentano la nostra memoria, presentificano le nostre radici, contribuiscono a formare il nostro senso di integrità. È necessario che una società civile non si dimentichi mai di queste importantissime funzioni.
Riportiamo qui sotto alcune direttive dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) per il benessere dell’anziano:
- Alimentazione equilibrata (dieta mediterranea) con particolare attenzione alla disidratazione (non sente lo stimolo della sete, farlo bere molto).
- Moderata attività fisica (150 minuti alla settimana): camminate, bicicletta, ballo.
- Attività relazionali e sociali.
- Letture, cinema, teatro per allontanare il decadimento cognitivo.