La genitorialità adottiva

La fantasia, il desiderio, di diventare genitori ha origini remote. La genitorialità è una funzione dell’Io presente in tutte le persone, che si sviluppa intorno al settimo/nono mese di vita, quando cioè i bambini giungono gradualmente a rendersi conto di un fatto fondamentale: che le esperienze della loro vita interiore sono potenzialmente condivisibili con altri. L’acquisizione di questa capacità è alla base dello sviluppo dell’empatia: il bambino comincerà infatti a vedere che la madre può avere i suoi stessi bisogni e proverà piacere nel vederli soddisfatti.
In età adulta comincia a farsi sentire la volontà di concretizzare il desiderio di genitorialità; un figlio rappresenta, infatti, una sorta di testamento, un modo per assicurarsi una discendenza biologica e di tramandare un ricordo di se stessi. La peculiarità dell’adozione è che essa implica un passaggio di consegne dai genitori naturali ai genitori adottivi. Siamo di fronte a due coppie molto particolari: una con scarso istinto genitoriale, ma che è in grado di dare la vita; l’altra, che desidera un bambino da educare, ma che non può avere figli propri.
Nel primo caso la letteratura riporta pochissimi lavori su tematiche quali il rifiuto e il rigetto (abbandono dei figli, aborti, infanticidio, violenze sui minori), probabilmente si tratta di tematiche così intense e cariche di conflittualità, da renderne difficoltoso l’approfondimento.
Che dire invece di coloro che decidono di diventare genitori attraverso l’adozione? “Adottare” è sinonimo di “scegliere”, ma non sempre appare come una scelta. Per molte coppia, infatti, diviene un ripiego, l’ultima soluzione possibile per soddisfare un bisogno di genitorialità frustrato. Secondo la teoria psicodinamica il bisogno è una situazione di necessità, condizione di fondo per l’esistenza stessa dell’individuo, il desiderio, invece, nasce dalle tracce mnestiche dell’esperienza di soddisfacimento dei bisogni. Quando il desiderio si fa bisogno si viene a perdere la capacità immaginativa, l’azione si sostituisce al pensiero e si annullano le distanze tra il Sé e l’oggetto (investimento narcisistico).
Spesso, alla base della richiesta di adozione, c’è il vissuto doloroso di non riuscire ad avere figli propri. Molte coppie impiegano diverso tempo prima di arrivare a questa conclusione, in genere gli anni che precedono la domanda sono costellati da svariati tentativi di concepimento e sono punteggiati da speranze e delusioni. Alcuni si sottopongono anche ad interventi chirurgici e ad inseminazione assistita. Il bambino che non arriva diventa sempre più necessario per colmare un vuoto, curare una ferita. È necessario riuscire ad elaborare questo conflitto, verbalizzarlo, affinché non si trasformi in agito. Questo è il momento più doloroso che deve affrontare una coppia che decide di intraprendere l’iter adottivo, perché deve fare i conti con le emozioni e le motivazioni meno nobili e più ansiogene alla base della loro richiesta.
Secondo alcune ricerche (Rosati, 1988), tra le tipologie di coppie aspiranti all’adozione ci sono per la stragrande maggioranza (88,9%) coppie senza figli naturali, solo per una piccola parte (7,7%) coppie con figli naturali e (3,4%) coppie che hanno già dei figli adottivi e desiderano adottarne un altro.
La sterilità è sicuramente la motivazione principale riportata da coloro che fanno domanda di adozione. La difficoltà a concepire un bambino viene vissuta come un’imperfezione, un danno al proprio corpo, che genera ansia e sensi di colpa. Nella dizione italiana si distingue tra sterilità, ossia l’impossibilità definitiva a concepire e infertilità, vale a dire l’impossibilità di portare a termine una gravidanza. A questo proposito si valuta che le coppie portatrici di difficoltà procreative rappresentino il 15-20% della popolazione, dato, questo, che evidenzia l’ampiezza del fenomeno. Dagli studi esistenti si attesta che nel 40% dei casi questo dipenda da una patologia femminile, per un altro 40% da patologia maschile, mentre per il restante 20% da una patologia di coppia o sconosciuta o sine causa.
Alla base delle difficoltà sconosciute, o senza causa apparente, si potrebbe ipotizzare l’influenza di fattori psicosomatici, in cui conflittualità non risolte o male elaborate vengono agite nel corpo anziché venire mentalizzate. La sessualità e i problemi ad essa connessi sono un aspetto molto importante e spesso poco studiato. Le coppie che si avvicinano all’adozione sono per i tre quarti passate attraverso la trafila della diagnosi e della cura della sterilità, le necessità cliniche e terapeutiche conducono spesso ad avere una sessualità quasi ed esclusivamente finalizzata ad una ricerca di una gravidanza, penalizzando così le componenti di ricerca del piacere nell’atto sessuale e prestando minor attenzione agli aspetti relazionali. Alcune volte la richiesta di adozione maschera una grava patologia della relazione: vi sono casi di matrimoni “non consumati” o di gravi difficoltà sessuali in cui tale richiesta viene fatta per nascondere a se stessi e agli altri il problema che ne è alla base.
Con questo non si vuole, né si deve stigmatizzare le coppie sterili per il loro desiderio di avere un figlio, che è il più naturale che un uomo e una donna possa avere. Ma è importante che l’evento critico sterilità sia stato elaborato, pur con difficoltà e sofferenza, in modo tale che coppie possano arrivare all’adozione in piena libertà e non spinte unicamente da una situazione di frustrazione.
La richiesta di adozione nelle coppie che hanno già figli viene fatta, in genere, per il desiderio di  avere una famiglia numerosa, che però viene frustrato dalle difficoltà a procreare nuovamente. In questi aspiranti genitori si assiste spesso ad un’idealizzazione della propria famiglia d’origine, composta da tenti figli, a cui si aggiunge il desiderio di dare affetto ad un bambino meno fortunato. A livello latente sono però individuabili motivazioni di tipo più compensatorio, tendenti al raggiungimento o al mantenimento di equilibri interni al nucleo familiare e necessari all’esistenza dello stesso.
Essere genitori è un compito tanto meraviglioso quanto difficile, che mette costantemente in discussione. Essere dei buoni genitori adottivi è ancora più complicato, poiché, alle tematiche connesse alla genitorialità naturale, si aggiungono quelle connesse all’iter adottivo e al bambino adottato. Per questa ragione, se si è davvero motivati ad adottare un bambino, bisogna avere effettuato un percorso in termini personali e di coppia sulle difficoltà insite nell’adozione e sulle problematiche connesse ai processi di genitorializzazione.

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